
Link a pagamento: Google penalizza ma molte aziende se ne infischiano e cercano alternative

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La settimana scorsa abbiamo parlato dell'intervento di Matt Cutts riguardante l'esperimento di eliminazione dei link dall'algoritmo di Google. Come sappiamo la conclusione è stata che, attualmente non è ancora possibile eliminare i link come parametro di indicizzazione di un sito web. Con il video di questa settimana il responsabile della lotta allo spam di Google ha continuato a trattare di link ma lo ha fatto in maniera diversa, cercando di spiegare ai webmaster che l'algoritmo di Google ha la peculiarità di individuare quali sono i link a pagamento e quali sono quelli spontanei.
Partiamo da questa considerazione: Google sta ancora investendo sui link (altrimenti non ne parlerebbe così tanto) ma, probabilmente, sta verificando che sempre più aziende non si interessano a questo aspetto e investono una parte del loro budget dedicato all'advertising per comprare link a pagamento. Qualche esempio? In settori dove circola un grosso giro di affari come l'alimentazione e la cura del corpo centinaia e centinaia di aziende setacciano la rete da tempo per trovare i cosiddetti influencers o opinion leaders e offrirgli servizi gratuiti in cambio di articoli dedicati sul loro sito. Si tratta, in realtà, di una strategia molto mirata: questi foodbloggers o fashionbloggers hanno migliaia di visite ogni giorno sui loro siti e un link su un loro articolo può potenzialmente generare decine e decine di acquisti soprattutto se le aziende hanno uno store on-line. Stessa cosa vale per le aziende che decidono di investire parte dei loro introiti nei circuiti di affiliazione.
Questo senza troppe spese (soprattutto nel caso degli opinion leaders), senza troppi sforzi per creare e mantenere una strategia Seo efficace e, soprattutto, senza investire su Adwords. Possiamo chiamarlo "business facile"? Probabilmente per Google lo è e per questo nei prossimi anni ci saranno delle svolte nel settore. Volete un esempio? Cosa succederebbe se, oltre ad inviduare il link potenzialmente a pagamento, Google avesse la possibilità di avvertire il lettore di un articolo che quel link è da considerarsi non naturale ma probabilmente comprato dall'azienda? I visitatori lo seguirebbero? Diciamocelo, non è cosa nuova, Facebook avverte spesso i visitatori che un link su un post potrebbe essere potenzialmente dannoso!
In conclusione: Google cerca di mettere ordine nel mare del web e premiare chi si sforza di investire sul contenuto oggettivo e di qualità. Ma non tutte le aziende vogliono sottostare a Google e cercano di trovare strade alternative al suo monopolio quasi assoluto per vendere sul web senza essere in prima posizione o avere un brand forte. Chi vincerà questa lotta? Impossibile da prevedere sarà, certamente, affascinante osservarlo da spettatori pensanti del web.
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